Cammino Primitivo
Tappa 0 – Livorno > Pisa > volo per Madrid > bus per Oviedo. Pernotto La Hospedería
Che poi è la più importante, quella che ti fa capire che hai avuto il coraggio di ripartire da solo dopo 5 anni e toglierti dalla comfort zone. Sarà un cammino particolare: già dal nome, primitivo, che riporta alle origini e perché sarà accoppiato alla psicoterapia, che anche essa riporta alle origini dei dolori presenti. Ogni 2 tappe, 50 km e un collegamento Skype per un’ora di analisi. Dopo 4 anni e mezzo in cui ho avuto tutto avevo purtroppo dimenticato quel poco che basta per essere felici ed ero tornato a incazzarmi per i fatti insignificanti della vita.
Il cammino con la sua essenzialità, con la fatica e la determinazione mentale per arrivarne in fondo, mi permetterà di rimettere in ordine le priorità.
Il Primitivo è considerato il più duro dei pellegrinaggi per Santiago; adatto quindi per la catarsi di un dolore per una perdita: di fatto lasciarsi dalla persona che ami dopo tanti anni è un lutto e come tale va rielaborato. E l’unico modo è attraversare tutto il dolore da solo.
L’autobus dal cui finestrino ho fotografato il paesaggio mi sta portando da Madrid a Oviedo. Che per tutti potrebbe essere una qualsiasi città spagnola ma per me rappresenta un ricordo di adolescenza non da poco: la prima trasferta europea del Genoa del 1991, giusto 30 anni fa. Il “solo chi soffre impara ad amare, noi soffriamo, ti amiamo e con te torneremo grandi” divenne “e con te siam tornati grandi”. Che sia di buon auspicio.
Tappa 1 – Oviedo > Grado 25,78 km Pernotto Albergue La Quintana
Partito. A differenza del passato ho preferito la compagnia e mi sono unito a 4 ragazzi spagnoli che stavano facendo il cammino del nord e hanno deviato sul primitivo.
“Equipo primitivo” con tanto di gruppo whatsapp è così formato da due ragazzi di Barcellona nemmeno ventenni e da due fratelli, maschio e femmina, granadini, poco più grandi. Più il sottoscritto che potrebbe essere il padre.
Dopo un’uscita da un Oviedo deserta da domenica mattina ci siamo subito trovati nello splendido e tipico paesaggio asturiano.
25 km fino a Grado dove è iniziato il rituale del cammino che è sempre bello per quanto ai più sembrerà banale: Albergue, preparazione letto, doccia, lavaggio vestiti, spuntino, birra in giardino, librino e chiacchiere con altri pellegrini.
Anche il primo passo è stato fatto. Ultreya y Suseya!
Tappa 2 – Grado > Salas 22,1 km Pernotto Albergue el tulipan de Salas
La storta di ieri, presa sulla stessa caviglia nella partita di 10 giorni fa a Genova, stamattina mi ha fatto temere per un giorno di stop forzato. Alla fine ho provato a partire e, non so come, sono arrivato a fine tappa, percorrendo i 22 e passa km fino a Salas. Tra lo stupore anche degli altri pellegrini, visto che la mia caviglia sinistra sembra un melone.
Proprio a causa delle mie condizioni incerte ho preferito andare da solo e oggi è stata quindi una tappa piena di pensieri.
Nel bosco mi ha tagliato la strada un furetto o una donnola e si vocifera che ci siano anche i lupi; da domani iniziano le tappe montane, spero in un avvistamento.
L’albergue, gestito da un tedesco con la collaborazione di una olandese, è molto accogliente e servono cena vegetariana comunitaria e colazione spettacolari: intanto mi sono preso uno yogurt greco con la frutta e le noci come pranzo.
Dopo, le solite operazioni di routine: doccia, lavaggi, creme, ghiaccio.
C’è bello fresco, uso le termiche e dormo dentro il sacco a pelo: di lusso considerando il caldo che c’è nel resto della Spagna e in Italia.
Non un passo indietro!
Tappa 3 – Salas > Tineo 19,8 km pernotto Palacio de Meras Hotel
Ieri sera questa tappa era praticamente rimandata di almeno un giorno o direttamente saltata (autobus) dopo che il medico del centro de salud mi aveva caldamente consigliato lo stop dopo aver visto la mia caviglia. Bendatura rigida, ibuprofene e riposo. Stamattina, dopo essere rimasto solo in albergue, ho deciso di partire, praticamente l’ultimo dei pellegrini da Salas.
La forza di volontà fa guarire più velocemente e sono riuscito a camminare 20 km finendo la tappa a Tineo.
Tappa 4 Tineo > Samblismo 19,22 km pernotto Samblismo Albergue de peregrinos
Tappa iniziata subito con una salita e con gli strascichi della seduta di psicoanalisi di ieri sera. Pianto liberatorio che mi ha permesso di godere appieno del bellissimo paesaggio asturiano: l’uscita da Tineo sul sentiero di montagna è stata davvero memorabile.
Dopo 17 km sono arrivato a Samblismo, un ostello completamente sperduto e isolato, poiché a Borres, paese di fine tappa, non c’era più posto.
L’hospitalero è arrivato a piedi e ha aperto un romanticissimo albergue per pochi intimi: dopo aver mangiato una tortilla appena preparata per pranzo, mi sono dapprima goduto l’amaca in mezzo al bosco e poi con altri tre pellegrini siamo entrati in una tipica hórreo asturiana ristrutturata e adiacente all’albergue dove abbiamo fatto stretching, massaggi e meditazione.
A coronamento della giornata una cena collettiva preparata dall’hospitalero così composta: vellutata di verdure, paella di verdure e yogurt con miele.
Considerato che la caviglia, pur ancora dolorante, si sta sgonfiando, la giornata di oggi è di quelle da incorniciare.
When you walk through a storm
Hold your head up high
And don’t be afraid of the dark
At the end of a storm
There’s a golden sky
And the sweet silver song of a lark
Walk on through the wind
Walk on through the rain
Though your dreams be tossed and blown
Walk on, walk on
With hope in your heart
And you’ll never walk alone
You’ll never walk alone
Walk on, walk on
With hope in your heart
And you’ll never walk alone
You’ll never walk alone
Tappa 5 Samblismo > Berducedo 23 km pernotto Albergue Camino Primitivo
El camino por la Ruta de los Hospitales es una de las etapas de más belleza paisajística de todos los Caminos de Santiago. Transcurre por zonas elevadas, deshabitadas y con una gran exposición a las variables meteorológicas; conviene ir acompañados, con agua y provisiones, y con el equipamiento adecuado para el viento y el frío incluso en verano.
Tappa 6 Berducedo > Grandas de Salime 20 km pernotto Albergue Porta de Grandas
Nonostante altri 20 km la caviglia non si gonfia più e con il dolore ho imparato a conviverci: peraltro quello fisico si sopporta molto meglio di quello mentale. Anzi con un dolore mentale in atto secondo me il corpo guarisce più velocemente. Sono spinto da una forza interna (un mix di rabbia e dolore) che mi spinge a camminare e andare avanti. E anche oggi il consiglio del medico di fare almeno un giorno di stop è naufragato dopo 4 km: avevo prenotato un albergue entro un’ora di cammino ma alla fine dopo una breve pausa sono ripartito, portando a termine l’intera tappa in 5 ore.
Giornata iniziata con la pioggia – finalmente ho usato il poncho “Non esiste buono e cattivo tempo, ma solo buono e cattivo equipaggiamento“ diceva Robert Baden Powell – e camminando dentro la tempesta ho cantato a squarciagola e testa alta “you’ll never walk alone”: alla fine il sole è spuntato davvero e qualche uccello, non so se fosse l’allodola, mi ha accompagnato con il suo dolce canto argentato.
E anche se ero in solitaria, tutti i messaggi che mi stanno arrivando dalle persone care e il sostegno cameratesco degli altri pellegrini non mi fanno sentire solo.
“Continua a camminare attraverso il vento
Continua a camminare attraverso la pioggia
Anche se i tuoi sogni verranno scossi e spazzati via
Continua a camminare con la speranza nel cuore
E non camminerai mai da solo”
L’ho cantato per anni in Gradinata Nord. Ne ho fatto un mantra sul Cammino di Santiago.
Tappa 7 Grandas de Salime > Castro 6,1 km pernotto Albergue de Castro
Una valle bucolica con poche pittoresche casette che sembrano disegnate da una mano stanca di un vecchio pittore fiammingo, che ha poi lasciato sulla tavolozza chiazze bianconere a quattro zampe. Queste Asturie che stanno per diventare Galizia sulla carta geografica, invenzione umana che in maniera arbitraria e aberrante divide ciò che in realtà sulla terra è senza soluzione di continuità. E i viaggi a piedi ancor di più ingigantiscono questi effimeri concetti di divisione territoriale in comuni, province, regioni, stati.
Quando incroci gli sguardi vacui e bovini pensi che siano animali stolti ma forse siamo noi che cercando di razionalizzare tutto in realtà non riusciamo a percepire di essere parte di un flusso naturale che ci atterrisce.
Sono giunto a Castro. Sarà che la mente mi corre subito alla barba socialista di Fidel e questo mi predispone bene, e quindi appena entrato in questo pueblo abitato da più mucche che umani, ho capito che fosse il posto adatto per una giornata di recupero delle forze fisiche e mentali. Per mettere un punto e andare a capo.
Come una caravella sbattuta dai marosi necessita di un approdo sicuro, così il pellegrino che scrive aveva bisogno di luogo di pace dove ancorarsi per qualche ora e far uscire il mal di mare della vita.
Quaggiù il tempo è volubile come l’amore di qualche donna che un minuto prima butta i raggi di sole su un giardino e poi il minuto dopo va ad abbacinare altri lidi lasciando dietro una tempesta di pioggia.
C’è in tempo per essere felici e un tempo per soffrire. Chi vuol essere felice sempre, non lo è mai.
Come diceva una canzone scritta una manciata di decenni fa in uno sperduto paesino dell’Appennino ligure “ma me lo han detto già tanti che se è sempre zucchero non ne puoi più, che un cielo azzurro è stupendo ma dopo la pioggia è ancora più blu.”
Tappa 8 Castro > Cadavo 44.4 km pernotto Albergue San Mateo
Rigenerato dalla semi sosta di ieri e spinto dalla rabbia dei notturni incubi, sono partito alle 7 e prima delle 11 avevo già macinato i 20.1 km della tappa a Fonsagrada, viaggiando a 5 km/h.
Nel mio primo cammino nel 2015 feci una cazzata enorme: mi unii a due pellegrini italiani a Porto e feci con loro la prima tappa del cammino portoghese. Peccato che erano rodati da anni e io no, così i 37 km che loro decisero di fare, mi obbligarono a due giorni di riposo per una tendinite.
Oggi avevo nelle gambe una settimana di cammino, caviglia decisamente migliorata, rabbia in corpo: un mix che mi ha portato a provare il famoso detto “i limiti esistono solo nella nostra testa”. E così sono ripartito e ho fatto due tappe in un giorno: altri 24.3 km per un totale di 44.4 km in 10 ore (7-17).
C’è qualcosa di magico che accade sempre nel cammino quando meno te lo aspetti. Oggi a metà pomeriggio mi si è aperta davanti agli occhi una radura proprio mentre il sole faceva capolino tra le nuvole, ridando alla natura tutte le tonalità di colore che il cielo plumbeo aveva fino a quel momento uniformato.
Abbacinata dal candido bianco di Lio, un cucciolo di pastore maremmano, risalta una pizzara nera di alabasco “Donativo. Caffè infusione pastel casero limonada”.
Ho già incontrato questi luoghi nei precedenti cammini: privati cittadini che organizzano punti di ristoro per i pellegrini aprendo le loro case. Questa, di pietra, di fronte alla quale una madre e i due figli hanno preparato tavoli di pietra con sedute di legno.
Sicuramente avranno un piccolo ritorno economico ma credo che a spingerli sia più un senso di supporto e di legame con il loro territorio.
Proverò con qualche foto ma certe atmosfere vanno vissute.
Una nota nel finale di questo resoconto. Sul sentiero ho trovato una fatta di lupo.
You’ll never walk alone. Non te lo dimenticare mai.
Tappa 9 Cadavo > Lugo 29,5 km pernotto Four Rooms Hostel
Quando la nebbia scende a ovattare la montagna d’inverno e si fonde con la neve sul terreno, lo sciagurato che madre natura ha voluto come spettatore, non può che rimanere inebetito e inerme: l’occhio non riconosce più l’orizzonte che divide cielo e terra e orientarsi diventa un sfida impari. Dove sono? Dove è il sopra, il sotto? Sono fermo o mi muovo?
L’unica possibilità di salvezza è fermarsi e far passare gli eventi.
Oggi l’arrivo a Lugo – città e in quanto tale gli spazi urbani sono riempiti di cemento, asfalto, auto – ha avuto sul sottoscritto, i cui sensi per giorni si sono riempiti di suoni azzurri e verdi sapori, un effetto come quello sopra descritto.
La città, formicaio di persone senza connessione, mi atterrisce.
Non posso che fermarmi, far passare la tempesta e domani ripartire.
Mancano 100 km a Santiago e soprattutto 190 a Muxia. Perché la mia destinazione è l’Oceano al quale restituirò tutti i sogni pescati di frodo quattro anni fa.
Tappa 10 Lugo > San Roman de Retorta 19,6 km pernotto Casa Castrelo
Se avessi la possibilità di scegliere due personaggi in cui reincarnarmi risponderei senza esitazione: il Conte di Montecristo e Jean Valjean.
E quando da sotto i baffoni argentati il pellegrino francese ha sibilato il nome di Jean, la mia risposta è stata subito “Jean Valjean”. Sia lui che la moglie hanno sogghignato, non so se il paragone o per apprezzamento della cultura letteraria che evidentemente non si aspettavano da un pellegrino italiano.
Oggi è a loro che attribuisco il dono quotidiano del cammino: dopo 20 km di sofferenza per una tendinite sono giunto nel piccolo borgo di San Roman: poche case abbandonate, un albergue pubblico la cui capienza è stata pressoché annullata dal covid, un albergue privato che fa anche da punto di ristoro e questa piccola struttura privata dove pernotto. Grazie alla gentilezza di questa coppia di pellegrini francesi che mi ha concesso un letto nell’appartamento che avevano prenotato, intuendo, senza parlare una parola di spagnolo o inglese, la mia impossibilità di camminare fino al prossimo paese.
Le foto di oggi, scattate in una sonnolenta periferia di Lugo e la campagna in cui i suoni dei risvegli emergevano dalla nebbia, hanno preso di mira le case abbandonate.
Abbandonare (ant. abandonare) v. tr. [dal fr. abandonner, der. della locuz. ant. a bandon «alla mercé», derivante a sua volta dal franco bann «potere»] (io abbandóno, ecc.).
Mi hanno sempre affascinato le case abbandonate. Dietro le finestre rotte emergono ragnatele di vite passate e le porte sprangate le custodiscono gelosamente.
Chi ha fantasia può immaginare la vita che ci fu intorno al focolare di un tempo.
Tappa 11 San Roman de Retorta > Melide 27 km pernotto Albergue de Melide
Caminante, son tus huellas
el camino, y nada mas;
caminante, no hay camino,
se hace camino al andar.
Al andar se hace camino,
y al volver la vista atrás
se ve la senda que nunca
se ha de volver a pisar.
Caminante, no hay camino,
sino estelas en la mar.
Nei versi di Antonio Machado c’è la mia eutanasia.
È orribile auspicare che le giornate finiscano presto nella speranza che il giorno dopo il dolore sia un po’ meno acuto e intenso del presente. Non può essere infinito ma avrò la forza di sopportare per il tempo che durerà? Sapendo che non ci sarà un risarcimento per questo ma mi rimarrà la sensazione di essere sopravvissuto.
Sono talmente atterrito che dimentico i 27 km percorsi con una tendinite che mi martella lo stinco da due giorni.
Il cammino primitivo mi ha portato a Melide, crocevia del francese: gli ultimi 50 km a Santiago li percorrerò sulle orme del Davide del 2016: avrò davanti un fantasma che di lì a pochi mesi sarebbe diventato il Davide che adesso sto uccidendo e tornerà a essere fantasma.
Sono un fantasma che cammina e si chiede cosa abbia senso e nel tinto de verano prova a trovare conforto.
Tappa 12
Linee scritte sulla pelle
Corri fino a che poi
Perdi tutti i punti fermi
E nemmeno li rivuoi
Sono un lupo solitario
Il mio branco è andato perso
Giù dove il bosco è buio ed il cielo sopra è terso
Ma no, ma no
Faccio piano, ma no
Sono umano, ma no
Ma no, ma no
Evitiamo, ma no
Ti richiamo, ma no
Non voglio morire qui
Dopo il tempo che ho aspettato
Non voglio morire qui
Anzi ho appena cominciato
Seguono ogni imprecisione
Le mie dita su di te
Io vorrei sapere come
Prima ancora del perché
Siamo ruvidi e manchevoli
Affilati come dei rasoi
I miei punti deboli sono veramente uguali ai tuoi
Ma no, ma no
Faccio piano, ma no
Sono umano, ma no
Ma no, ma no
Evitiamo, ma no
Ti richiamo, ma no
Non voglio morire qui
Dopo il tempo che ho aspettato
Non voglio morire qui
Anzi ho appena cominciato
In discesa con il vento tra i capelli
Ho lasciato tutto su quella panchina
Ho scoperto il vuoto proprio stamattina
Non voglio morire qui
Dopo il tempo che ho aspettato
Non voglio morire qui
No, no, no
Non voglio morire qui
Anzi ho appena cominciato.
L’infiammazione ha impedito ai miei piedi di ripercorrere le orme tracciate un lustro fa da un predecessore che portava il mio stesso nome e aveva la mia stessa data di nascita.
Sono un uomo di sinistra e tutte le sciagure della mia vita li si aggrappano come rampicanti sui muri: oggi la caviglia ma poco più sopra, per anni, a farmi patire è stato quel grifone che porto tatuato. Risalendo come i salmoni il fiume delle sofferenze arriviamo ai recenti lupi, cicatrice indelebile a cui confronto, quella di Harry Potter, faceva solletico.
E con un salto verso l’alto si arriva al vecchio cuore rossoblu: sei grande così ma quante volte ti hanno messo alla prova.
Decenni di militanza di Gradinata Nord mi hanno insegnato qualcosa che è intoccabile: mai una sconfitta sul campo ci ha visto perdenti fuori. Anzi, nella merda abbiamo sempre dato il meglio.
Il cuore rossoblu vince sempre, non te lo dimenticare mai.
Tappa 13
Mi sento come uno di quegli attori, chiamato all’ultimo momento in sostituzione del titolare,
a recitare una parte che non conosce minimamente.
Sono in un appartamento al quarto piano di uno squallido casolare una cittadina sorta su una lingua di terra galiziana che sfida l’oceano sulla costa della morte.
Se fosse un libro di Hemingway il titolo sarebbe già bello che pronto: “Quei giorni a Portonovo”.
I protagonisti, oltre al sottoscritto, sono due gemelle madrilene – Alycia e Cristina – il fidanzato di una delle due – Miguel – e due canuzzi – Cora e Franci – che sono il prototipo del perfetto compagno di vita che cerco: taglia medio piccola sotto i 10 chili, affettuosi, ciuffo ribelle davanti agli occhi.
Alycia e Miguel si sono conosciuti sul cammino di Santiago un anno fa; Cristina, che vive in Francia, doveva venire qui con il ragazzo francese ma si è lasciata prima di partire per il cammino, durante il quale si innamorata di un ragazzo italiano che però è fidanzato.
Io ho conosciuto le due ragazze alla fine della prima tappa e poi ci siamo ritrovati tutte le sere negli stessi albergue.
Giunti a Santiago, dove le aspettava Miguel con i cani, mi hanno invitato e così abbiamo raggiunto in macchina la località balneare nella quale loro avevano deciso di riposarsi dopo il cammino.
Io, che in questo momento sono come uno di quegli alberi del Canada tagliati dal proprio habitat e messi nel fiume, mi faccio trasportare dalla corrente della vita: non posso fare altro che galleggiare e guardare il mondo.
Tappa 14
Cies è un lembo di terra in mezzo al mare – incastonata nella frastagliata costa occidentale della Spagna e protetta da un esercito di gabbiani – per la cui bellezza fa parte del parco nazionale marittimo terreste delle isole atlantiche della Galizia.
Per questo motivo ogni giorno solo un numero limitato di persone possono raggiungerla e d’estate è pressoché impossibile senza aver prenotato con mesi di anticipo.
La vita mi ci ha portato una prima volta cinque anni fa quando, in attesa del volo di rientro in Italia alla fine del Cammino francese, pernottai due notti a Vigo.
Credo sia già difficile capitarci ma ritornarci è davvero un mistero legato ad una serie di coincidenze che rendono la vita imprevedibile.
L’aver conosciuto le due gemelle nella prima tappa, aver legato con loro, essere stato invitato per qualche giorno di riposo post cammino perché una delle due si era appena lasciata, l’aver preso la nave oggi solo perché all’ultimo momento non sono venuti un paio di amici.
E i salti dei delfini, le cui silhouette argentate dai raggi del sole che cala tramontando dietro di loro, non possono che ricordarmi le Azzorre e le Canarie. A loro, animali perfetti per affidare sogni, lascio un messaggio di speranza che ci sia una seconda volta: dovranno fare un lungo viaggio via mare, attraverso lo stretto di Gibilterra per giungere in un’altra isola bagnata dal Mediterraneo, trovare quella sirena dagli occhi di sorgente che mi ha tolto il sonno e farla rinnamorare per la seconda volta.