Fuerteventura coast to coast
Immergersi in acqua intorno al punto di congelamento ha un effetto positivo sul sistema cardiovascolare, rafforza il sistema immunitario, può ridurre i reumatismi e altri dolori articolari e combattere la depressione. I bagni di ghiaccio innescano il rilascio di adrenalina e dell’ormone della felicità, la dopamina, così come i corticosteroidi antinfiammatori per la rigenerazione.
Vediamo se tra i bagni nel congelatore e l’iniezione di plasma riesco a risolvere il problema al ginocchio!
Per il momento mi godo Fuerteventura con qualche passeggiata e la visita al mio vecchio amico albero. Da quando è secco assume sempre le forme che la mente immagina. Da un paio di anni lo vedo come un drago, quello con cui forse dovrei smettere di combattere e farmelo amico.
Fuerteventura è comunque l’isola perfetta per i nomadi digitali. Non vedo l’ora di iniziare il mio cammino coast to coast!
Due giorni fa l’iniezione di plasma al ginocchio. Ieri 6 km, oggi 10 percorsi su un sentiero che amo. Quello che risale la valle di Tetir e arriva a Degollada de Facay dalla quale si può godere di una vista mozzafiato su tutta la vallata di Tefia e della costa ovest. Gli azzurri di oceano e cielo si mischiano e contrastano con i rossi e gialli di questa terra che sembra la luna.
Oggi ci tengo a scrivere una nota di merito per i miei partner Saucony e PDX sport.
In passato nei miei cammini avevo sempre sofferto di vesciche ai piedi. Da quando un anno fa ho scoperto le trek grip – con il plantare ammortizzante con cuscinetti – e le ho abbinate alle Saucony ho percorso 3000 km senza più avere una vescica!
Al ritorno dal cammino ho ripetuto il bagno nella vasca con acqua ghiacciata!
Questo non è un vero e proprio cammino: sto unendo una serie di senderos per attraversare l’isola coast to coast.
Il punto di partenza della prima tappa è il piccolo pueblo di pescatori di Los Molinos.
Una manciata di case bianche incastonate in una baia che garantisce un minimo di protezione da un oceano selvaggio. Oggi c’è la festa del paese e le strette strade sono colorate di bandierine bianco giallo azzurro, i colori delle Canarie.
Seguendo un sentiero lungo la costa salgo verso nord. La muraglia della costiera su questo lato dell’isola – quello occidentale – è spettacolare. A volte si cammina a pochi metri dallo strapiombo e si sente l’oceano che da blu diventa bianco infrangendosi sugli scogli. Per il resto un silenzio di assoluta pace.
Dopo qualche chilometro si abbandona la pista costiera e si comincia a tagliare l’isola verso est. Una costante e leggera salita fino a incontrare le prime abitazioni di Tindaya. Ancora un ultimo sforzo e si arriva alla chiesa, dove termina la prima tappa.
Un arco introduce alla piazzetta bianca al cui termine si trova la piccola chiesa con il suo basso campanile. È da qui che parto per la seconda tappa. Un’ascesa di qualche centinaio di metri mi porta a una forcella pianeggiante da cui per l’ultima volta vedo l’oceano selvaggio e burrascoso che si infrange sulle alte scogliere di Fuerteventura spinto da ovest.
Entro in una bella vallata che mi conduce nel silente pueblo di Vallebron.
A chi arriva per la prima volta a Fuerteventura con l’aereo, il momento dell’atterraggio fa nascere il dubbio se il pilota abbia sbagliato strada: siamo finiti su Marte. Le calde e desolate lande di questa isola non possono appartenere a questo pianeta; forse dallo spazio sono rimbalzate sul Marocco e si sono fermate in mezzo all’oceano?
Il campo base è a Tetir dove vive mio fratello, emigrato su quest’isola 15 anni fa. Da qui ogni mattina parto per esplorare Fuerteventura dal punto di vista dei miei piedi. E l’isola, che dai finestrini della macchina lanciata a 100 all’ora sulle infinite strade dritte, sembra monotona, si è rilevata in un caleidoscopio di sorprese.
“In macchina sei sempre in abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di TV. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiossimo dentro una cornice.” – Robert M. Pirsig lo scrive nel suo “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”. Io dalla due ruote lo declino sui piedi.
La terza tappa del mio coast to coast parte dal Vallebron, e come si intuisce dal nome il paese giace su una valle stretta tra le montagne. La percorro fino a La Caldereta dove saluto una cara amica, Guay.
Da qui costeggio la caldera di un antico vulcano e poi entro in un barranco che mi porta in discesa fino al mare. A Plaza Virgen del Pino, l’omonima chiesetta ha gli stessi colori del mare e delle nuvole: bianco e blu. Sono arrivato a Puerto Lajas, sulla costa orientale di Fuerteventura, dove il tranquillo respiro dell’oceano aiuta a riportare la calma interiore.
Così diverso dal mare agitato che sferzava le coste occidentali dell’isola da dove sono partito.
Due mari, due sentimenti.