Via di Linari

Via di Linari

La linea ferroviaria La Spezia – Parma riprende da Berceto dopo un’interruzione. In questa stazione un murales ricorda Lorenzo Orsetti “gli ideali non sono scomparsi”. Esiste ancora qualche Sindaco degno.
Da Parma faccio una sosta a Torrechiara; alla Tavola del Contado Agata mi fa assaggiare le sue specialità e mi consegna la credenziale.
La Via di Linari è un antico percorso – alternativo a quello della Via Francigena – per raggiungere la Toscana da Fidenza, attraverso il Passo del Lagastrello.

Io partirò da Rigoso, microscopico paese sul crinale montano tra la Toscana e l’ Emilia-Romagna. Ancora qualche chilometro verso ovest e dopo il passo si aprono Lunigiana e Garfagnana e vista su Apuane e Mar Tirreno.
Poche case intorno a una piazza sulla quale si affaccia una graziosa chiesetta il cui campanile svetta per mancanza di concorrenza. A guardia c’è un maremmano con il collare a borchie, segno che qui i lupi sono ben presenti. È un bel segnale di ambiente sano.
Il primo a venirmi incontro è Michele a cavallo della sua bicicletta e sguardo curioso sotto l’enorme visiera del cappellino Parmigiano Reggiano troppo grande per lui.
“Io abiterei qui per sempre” mi dice quando gli chiedo se gli piace il paese.

Seguirà un messaggio inaspettato sulla direct di Instagram.
“Buonasera, sono Marica la mamma di Michele e Matteo di Rigoso e moglie di Marco. Volevo ringraziarla per essere passato nel nostro piccolo paese e per aver lasciato un bel ricordo in Michele che l’ha chiamato “Davide, il signore gentile”. Le auguro buon cammino. Un abbraccio”

Mentre il sole cala sempre di più allungando a dismisura le ombre degli oggetti che si interpongono, una piccola combriccola di paese si riunisce alla Corte di Rigoso – cooperativa di comunità.

Tappa 1. Lunedì 13 giugno.

Bellissima tappa sperso – letteralmente – sul crinale dal quale vedevo le Valli dei Cavalieri: la Val Cedra e la Val d’Enza, valli romantiche di un Appennino che resiste.

A Vairo ho scoperto un mondo, quello della Latteria Sociale Valdenza del consorzio Parmigiano Reggiano. Mi accolgono Michele – del Consorzio del Parmigiano Reggiano – e Pietro della Latteria Sociale Valdenza.
Pietro ha 39 anni, emigrato dalla Sicilia ed entrato a lavorare nel caseificio come garzone quando aveva 17 anni.
Da oltre 20 quindi ha a che fare con il Parmigiano, di cui produce poco meno di 30 forme al giorno. Mi spiega che ci vogliono 10 quintali di latte per avere due forme da 40 kg.
Adesso nel magazzino ne ha quasi 3000 e l’effetto visivo di questa muraglia di formaggio – che qui passa almeno 12 mesi a stagionare – è notevole.
Prima le forme devono stare almeno 20 giorni nelle vasche a salare.
Michele prende una forma e la batte con il martello. Tutte le forme passano da questa visita per avere il marchio del Parmigiano Reggiano, non prima di 12 mesi di stagionatura.

Al pomeriggio lavoro nello scenario bucolico del San Martino Beach dove c’è un ottimo Wi-Fi di Eolo.
Cena e pernotto dai mitici Mirco e Simona del Ristorante San Martino che mi dilettano con il loro umorismo.

La Via di Linari oltre che natura e borghi, è anche un cammino nelle produzioni gastronomiche tradizionali e locali. Grazie a Emilia Romagna Tourism per avermi organizzato la visita.

Martedì 14 – seconda tappa

Mi incammino.
Adagiato tra la montagna e la valle del Cedra c’è Caneto, una minuscola frazione del comune di Palanzano.
7 i borghi di cui è composto: Ca’ di Scala, Ca’ d’Vintura, Ca’ d’Japèn, Ca’ d’Mati, Ca’ d’Chichèn, l’Ostaria e Ca d’Pidola.
6 le fontane tuttora funzionanti.
18 le tombe in un fazzoletto d’erba adiacente la chiesetta.
“Perché la cara memoria sia mandata ai posteri” leggo su una lapide.
Chissà se i meno di 30 abitanti si ricordano di Filomena, “sposa affezionata e madre amorosa”.
O se il suo ricordo se lo è portato via il leprotto con i suoi dentini aguzzi come il tempo che cancella tutto. O quasi.

Dopo cena mi sono messo a guardare – casualmente – un tutorial sulle zecche.
Pochi secondi e comincio a grattarmi senza badarci troppo. Poi sento qualcosa: una zecca sulla pancia!
Scendo e chiedo in reception se hanno una pinzetta. Alessia mi suggerisce di andare al nuovo centro medico LagriSalute.
Mi accompagna in macchina e arrivati me ne sento un’altra sul braccio.
Filippo, coadiuvato da due infermieri, mi anestetizza e toglie le due zecche.
Torno in albergo e mi sento di nuovo prudere: altre 5, di cui una in una zona molto delicata!
Scendiamo di nuovo al paese e dottore e infermieri, increduli, mi dicono che 7 zecche addosso a una persona non le avevano mai viste!
Ringrazio Filippo Lanfranchi, il medico di guardia – specializzando in anestesia – che con ben 7 micro incisioni e altrettante anestesie locali mi ha rimosso tutte le zecche con l’aiuto dell’infermiera Pamela.
Alessia che per ben due volte mi ha accompagnato in macchina dalla Locanda della Pieve alla Guardia medica di Lagrimone.
Questo mi da lo spunto per una riflessione sull’importanza dei presidi sanitari pubblici nei piccoli paesi dell’Appennino! Insieme alle scuole sono pilastri fondamentali per fermare lo spopolamento!

A caua della disavventura mi perdo la mia intervista su Isoradio ma per fortuna riesco a trovare il poadcast.


Mercoledì 15 giugno terza tappa: Moragnano – Tizzano Val Parma
In compagnia della guida GAE Matteo Zoni, la mattina inizia con una visita al Monastero Santa Chiara di Lagrimone, dove tre suore vivono ancora in clausura.
Tappa breve che in poche ore ci porta a Tizzone Val Parma dove ci accoglie il Castello Ritrovato e Antonio Chiesa, presidente della Pro Loco.
Diadorim, Chiara e la piccola Dafne mi ospitano al Bio Agriturismo Casanuova che d’estate diventa anche fattoria didattica. In un momento storico di stalle che si chiudono, paesi che si spopolano, campagne che vengono abbandonate, questo nucleo familiare resiste come il nonno partigiano che in questo luogo trovò rifugio. Pecore Cornigliesi, mucche, galline, asini e due cani allargano la famiglia. Un luogo di pace perfetto per lavorare.

Giovedì 16 giugno. Quarta tappa Tizzone Val Parma – Torrechiara
Prima di iniziare la quarta tappa visito un caseificio del Gruppo Castelli a Tizzano Val Parma.
È ancora Michele, del Consorzio del Parmigiano Reggiano, a fare da Cicerone.
Qui ogni mattina e ogni sera arrivano i camion cisterna con il latte appena raccolto nelle fattorie della zona. Viene versato in una decina di grosse caldaie di rame, addizionato con il siero innesto e riscaldato a circa 30°C.
È il casario a sovra intendere le operazioni più delicate; mentre la dottoressa Elena Vighi controlla costantemente tutti i parametri in laboratorio.
L’aggiunta del caglio permette la coagulazione del latte che viene poi frammentato con lo “spino” e quindi cotto. Alla fine la cagliata si deposita sul fondo e dopo un’ora viene ripescata manualmente prima di essere salata e messa a stagionare. A me è venuta fame e a voi?

Giovedì 16 giugno
Quarta tappa Tizzone Val Parma – Torrechiara
Anche oggi cammino con Matteo, guida GAE: ci fermiamo subito alla Pieve romanica di San Pietro. Sono almeno 1000 anni che resiste isolata in cima al monte, posizione che le permette il dominio sulle vallate. Nelle limpide giornata sicuramente Matilde di Canossa le rivolgeva sguardi da oriente.

La nostra discesa verso la pianura viene intercettata un paio di volte: un allegro leprotto ci attraversa la strada balzando sulle grandi zampe.
Poi è la volta di un giovane lupo che fiero e diffidente appare e scompare in pochi secondi.
Alessandra di Melusine associazione culturale ci porta alla scoperta dell’abbazia di San Basilide, nota anche come Badia Cavana, un’abbazia vallombrosana romanica.

A Torrechiara si ferma il viandante e sotto il castello medievale divento cavaliere di una e Bike: il sentiero d’arte mi porta tra le vigne sulle quali la luce bassa del tramonto regala tonalità di verdi e spunti di malinconia. Lupo dove sei?

“Digne et in aeternum”
L’amore di Pier Maria Rossi e Bianca Pellegrini è arrivato ai giorni nostri nei secoli, eternamente ricordato nella Camera d’oro del Castello di Torrechiara.
Le scene di Cesare Baglione e dei suoi collaboratori decorano le sale con celebrazioni di fasti militari e stemmi ma soprattutto bizzarre Grottesche.
Chi sa da cosa deriva il termine grottesco?
Verso il 1480, nel centro di Roma vengono scoperte grandi “grotte” o stanze sotterranee, decorate in modo sorprendente, con motivi vegetali, animali, oggetti di vario genere. I pittori del Rinascimento si calano in queste “grotte” (si scoprirà che sono i resti della Domus Aurea di Nerone!) e “rilanciano” questo stile, di gran moda fino a tutto il Cinquecento.


A pochi chilometri sorge la Badia di Santa Maria della Neve, fondata da Pier Maria Rossi. Rimango affascinato dal moderno coro ligneo, i cui stalli intarsiati sono ornati con preghiere, di tradizioni religiose diverse, in varie lingue. Tutte questo informazioni? Grazie alla bravissima guida Monica Vanin che mi ha accompagnato nelle visite!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *